La popolare applicazione di chat, utilizzata da milioni di utenti nel mondo, introduce un canone annuale, per ora solo nelle versioni non iPhone, che si paga al primo download. Il costo non è proibitivo, ma la rivolta in Rete scatta comunque: “E’ come la Rai”, scrivono gli utenti
Scoppia la polemica sul caso Whatsapp, una popolarissima applicazione per chat singole e di gruppo, finora completamente gratuita, ma che ha introdotto un sistema di abbonamento annuale nelle versioni per Android, Windows Phone e Blackberry. La versione iPhone ha un costo fisso al download, e al momento non prevede rinnovo annuale. E questo è uno dei motivi che alimenta i commenti negativi degli utenti, sul Play Store di Google: “Non ci vuole niente a passare ad un’altra applicazione di chat”.
Il successo di Whatsapp è cresciuto con il diffondersi degli smartphone, per un motivo molto semplice: il servizio offerto è pari a quello che gli operatori telefonici forniscono con i pacchetti Sms/Mms, con una caratteristica che però azzera ogni discorso: su Whatsapp non si pagava mai nulla. E’ ancora così, tutto sommato: 79 centesimi all’anno per inviare messaggi di testo lunghi quanto si vuole, foto e video sono obbiettivamente una non-cifra, considerando anche che l’app non ha pubblicità, e che ci sono dei costi tecnici infrastrutturali che una servizio del genere, con il volume di traffico e utenti che ha, deve in qualche modo sostenere. Ma molti utenti sembrano orientati sulla linea del “non pago”. Alternative a Whatsapp ce ne sono, su tutte le piattaforme, da Skype a Tango, da Viber a Facebook Messenger, alcuni dei quali supportano anche chiamate e videochiamate gratuite, e come unici costi hanno quelli delle connessioni a internet, relative ai singoli piani tariffari degli utenti.
Certamente però a colpire non è stato il passaggio dell’app a pagamento, quanto apparentemente il modo: “E’ come il canone Rai”, si legge sul Play Store, oppure “Dopo averci assuefatti vorreste denaro? Bella politica commerciale. Da strada”, paragonando di fatto l’applicazione a una sostanza stupefacente. C’è chi entra però più nel merito: pagare sì, ma per delle funzionalità aggiornate. Che alcuni concorrenti già offrono: “La cifra richiesta è irrisoria, ma uso l’app da anni ed è rimasta sempre la stessa. Pagherei volentieri per l’introduzione di nuove caratteristiche, come la videochat che ormai hanno tutti i programmi simili”. E in questo senso, naturalmente nulla vieta di disinstallare l’applicazione e migrare le proprie chat su un altro servizio, senza lo storico e ricominciando da zero. Oppure optare per la sottoscrizione da 79 centesimi. (Repubblica – Tecnologia)